Migranti e immigrazione: Leone XIV prosegue la linea di Francesco da Lampedusa a Roma

"Ero straniero e mi avete accolto"

Questa frase appare nel celebre passo sul giudizio finale, dove Gesù si identifica con gli ultimi della società e afferma che ciò che facciamo ai più bisognosi lo facciamo a Lui stesso:

"Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi." Dal Vangelo secondo Matteo, capitolo 25, versetti 35-36.

Bergoglio scelse emblematicamente Lampedusa come prima meta del suo pontificato nel 2013, un gesto fortemente simbolico per testimoniare la vicinanza della Chiesa ai migranti, a chi sbarca e a chi muore in mare durante il pericoloso viaggio dell’immigrazione. In quell’occasione storica, Francesco depositò una corona di fiori affidata alle acque e abbracciò una croce realizzata con il legno degli scafi affondati, trasformando il Mediterraneo da “cimitero dei fuggiaschi” a luogo di testimonianza cristiana e umana sulla crisi migratoria.

Leone XIV, dal canto suo, non ha esitato a prendere posizione netta sulla questione migratoria e dei flussi di immigrati irregolari. Lo scorso febbraio, quando era ancora cardinale, criticò duramente l’amministrazione americana sui temi dell’immigrazione, prendendo pubblicamente le distanze dalle politiche di deportazione dei migranti illegali sostenute dall’amministrazione Trump. Particolarmente severo fu nei confronti del vicepresidente J.D. Vance sul concetto di “ordo amoris”, utilizzato per giustificare approcci selettivi verso l’accoglienza dei migranti.

Nel suo primo discorso da pontefice, Leone XIV ha rivolto particolare attenzione “agli ultimi, agli umili, ai malati e ai sofferenti”, richiamando l’esperienza della “parrocchia missionaria” che per tanti anni è stata la sua casa in Perù, dove ha toccato con mano il dramma delle migrazioni forzate e i problemi dell’immigrazione sudamericana.

Pace e dialogo: il filo rosso tra due pontificati

Le prime parole di papa Leone XIV ai 150 mila fedeli riuniti in piazza San Pietro giovedì scorso hanno risuonato come un’eco del pontificato di Francesco: “La pace sia con tutti voi e la pace entri nel nostro cuore e raggiunga tutti. Costruiamo ponti per essere un popolo di pace”. Un esordio che conferma la continuità con il predecessore sul tema che ha caratterizzato gli ultimi anni della Chiesa: l’impegno contro i conflitti in un mondo dilaniato da quella che Bergoglio definiva una “guerra mondiale a pezzi”.

Non stupisce questa sintonia tra i due pontefici. Nel suo primo discorso, Leone XIV ha menzionato la parola “pace” ben dieci volte, parlando di una pace “disarmata e disarmante”, non quella dei “costruttori e trafficanti d’armi”, ma quella “dei popoli e dei più umili”.

La politica migratoria della Chiesa in transizione: sfide e continuità

Il passaggio da Francesco a Leone XIV segna una fase di continuità e al contempo di trasformazione per la Chiesa cattolica. Sui temi dell’accoglienza dei migranti, dell’integrazione degli immigrati e della solidarietà verso i profughi, pilastri del magistero di Francesco inaugurato simbolicamente a Lampedusa, la linea sembra rimanere non solo invariata ma persino rafforzata nelle critiche alle politiche migratorie restrittive.

Resta da vedere come queste prime indicazioni si tradurranno in azioni concrete nei prossimi mesi e anni di pontificato, e quanto profondamente il nuovo corso influenzerà il cammino della Chiesa nel mondo contemporaneo, specialmente riguardo alla gestione dell’emergenza migratoria e alla promozione di politiche di accoglienza.

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